Come promesso oggi parliamo di legno.
Le botti (o barili) possono potenzialmente essere costruite con qualsiasi legno di qualsiasi albero ma, ovviamente, non tutti sono uguali! Può cambiare la tenuta dei liquidi (possibili perdite), la cessione di aromi al prodotto (più o meno gradevoli), la resistenza alla contaminazione da insetti o batteri, presenza di resina, ecc. in sostanza come premesso ogni legno è un mondo indipendente.
Nel mondo dell’aceto balsamico le essenze più diffuse sono Castagano, Gelso, Rovere, Ginepro, Ciliegio, ma anche Frassino e Robinia in alcuni casi.
La descrizione che segue è tratta dal manuale “Note di tecnologia produttiva dell’Aceto Balsamico Tradizionale Reggiano” di Renato Bertani – Confraternita dell’Aceto Balsamico Tradizionale Reggiano
Castagno: legno abbastanza compatto, di colo bianco al taglio, molto ricco di tannino. Si ottengono barili di ottima tenuta, particolarmente apprezzati per l’aceto balsamico, perchè il castagno è un legno in grado di conferire colore e accelerare il processo di maturazione.
Gelso: legno abbastanza poroso, ti colore giallo paglierino al taglio, che poi evolve in marrone-rossastro. E’ un ottimo legno che per la sua porosità facilità la concentrazione del balsamico.
Rovere: legno neutro agli aromi, forte e compatto limita gli scambi con l’esterno mantenendo molto bene il prodotto.
Ginepro: legno molto aromatico. Attualmente è difficile reperire botti di questo materiale a causa di leggi che ne proteggono la specie dall’estinzione. Conferisce un aroma molto apprezzato nel balsamico tradizionale di Reggio Emilia, le piccole botti pregiate che concludono le batterie possono essere costruite con questo legno.
Thuja: legno aromatico a volte proposto come alternativa al Ginepro. E’ da evitare in quanto cede aromi sgradevoli.
Frassino: legno compatto, bianco, privo di tannino e adatto alla conservazione del prodotto.
Ciliegio: Legno di colore rosato, dagli aromi delicati. Può comportare qualche problema di tenuta dovuto alla sua porosità.
Robinia: Legno dal colore giallo tenue, compatto, molto durevole. Si ottengono barili di ottima tenuta e durata.
Nel mio caso, ho optato per una prima botte in Gelso e una seconda in Castagno. Come si può notare dalle mie foto qui sotto i “cerchi” sono diversi, in acciaio quelli più chiari della botte in Gelso e in ferro quelli neri della botte in Castagno. In linea di massima il ferro è meglio perchè rende più agevole il processo di manutenzione periodica delle botti in cui si devono “tirare” i cerchi: martellarli verso il centro della botte in modo tale da aumentarne la tenuta.
Questo processo è reso necessario dall’elasticità a cui la botte è sottoposta dall’alternarsi delle stagioni: l’evaporazione estiva inumidisce le doghe, allargandole, mentra il freddo dell’inverno le secca, restringendole. I movimenti possono indebolire la tenuta della botte e di conseguenza può rendersi necessario un tagliando periodico!

I LEGNI DEI BARILI

La scelta del legno idoneo col quale costituire la propria acetaia è elemento fondamentale nella personalizzazione della stessa nonché occasione per decidere a priori quale carattere avrà il prodotto che andremo a creare. La pratica pluricentenaria ha fatto si che non tutti i legni adatti per la costruzione di contenitori lo siano altrettanto per contenere e favorire i processi legati al balsamico. Legni importanti come ad esempio il noce sono esclusi dal novero di quelli utilizzabili mentre altri apparentemente più umili assurgono a valore per il bottaio del balsamico. L’osservazione e sperimentazione da parte di numerose generazioni di questi preziosi artigiani, un tempo molto diffusi a causa del vasto impiego di recipienti in legno, ha permesso di individuare con certezza i pregi e i difetti, se ce ne sono, delle essenze arboree con le quali si costruiscono i barili da balsamico.

Il Castagno, dolce, malleabile eppure di buona tenuta, capace col suo tannino di trasmettere all’aceto l’intensità scura del colore. Bianco appena lavorato, acquista col tempo sfumature via via più scure tipiche. Complessa e non sempre regolarissima la venatura, rimane tra i legni più apprezzati.
Il Castagno è tipico della zona medio alta dell’Appennino. Albero di ragguardevoli dimensioni e longevo è stato per secoli sostentamento nelle esigue risorse della montagna. Il suo legno malleabile e di buona durata è molto utilizzato nella costruzione dei barili.

La Robinia, legno duro forte e compatto. Adatto per ultra secolare utilizzo dal momento che garantisce tenuta pressochè perfetta. Di colore giallo paglierino tendente ad ambrarsi con gli anni. Dal punto di vista del balsamico apporta un contributo notevole in acidità favorendo quindi l’acetificazione.
La Robinia pseudo Acacia forma macchie nelle vicinanze di corsi d’acqua e si distingue per la sua corteccia scolpita. È una leguminosa diffusa spontaneamente lungo gli argini e in collina, dal legno molto pesante di estrema durata. Di Acacia era composta l’Arca dell’Alleanza.

Il Ciliegio, raffinato, dal fine aroma d’amarena. È un legno di buona lavorazione, pregiato e molto bello nella sua rosea colorazione. Molti produttori hanno o stanno attivando batterie monocromatiche composte con questa essenza, dal momento che si è appurato che il balsamico trae particolare e inconfondibile giovamento aromatico da questo connubio.

Vasti appezzamenti coltivati a Ciliegio; nella zona di Vignola a ridosso della cittadina di Spilamberto, culla del balsamico, sorgono proprio nell’innesto della pianura sulle incipienti colline modenesi. È un albero di medie dimensioni, supera difficilmente i 15 metri d’altezza, e a causa della sua idiosincrasia per le potature è generalmente allevato in forma pressochè spontanea a vaso aperto. Così il formidabile colpo d’occhio nei mesi della fioritura raduna numerosi visitatori i quali convergono da ogni dove per assicurarsi questo spettacolo avvincente e insolito.

Il Ginepro Delizia e Croce dell’acetaia. Dispute anche edotte si sono susseguite sul suo utilizzo secondo la tradizione, poiché se da un lato l’aroma inconfondibile conferisce all’aceto una caratteristica spiccata e immediata, d’altro canto non sempre è auspicabile la sua “invadenza” dal momento che si tende a preferire apporti dei vari legni, più neutri, così da avere una incidenza meno evidente sul prodotto. Resta comunque uno dei legni più ricercati in acetaia anche per il semplice fatto che non è facile attualmente reperirlo essendo del tutto scomparse pezzature utili di questo sempreverde almeno nelle zone appenniniche emiliane nelle quali nei secoli scorsi invece ci si approvvigionava senza problemi . chi ha un barile di ginepro solitamente lo custodisce con molta cura.
Il Ginepro è un sempreverde non di grandissime dimensioni, spontaneo in tante zone appenniniche è ultimamente di difficile reperibilità a causa dell’esiguità del numero e dell’insufficiente grandezza degli esemplari rimasti. Legno resinoso e di lunghissima durata gode di alta reputazione in acetaia.

Il Frassino, pesante compatto dalla dura fibra. È un legno neutro in quanto non trasmette all’aceto balsamico alcun tannino essendone sprovvisto. Infatti il suo colore bianco dalla venatura elegante favorisce anch’esso l’acidità senza alterare in alcun modo il colore.
Il Frassino è un’essenza arborea da sempre parte integrante delle antiche zone boschive delle province del balsamico. Albero di crescita energica può raggiungere dimensioni notevoli, il suo legno bianchissimo è molto utilizzato in falegnameria e per questo incoraggiato. Nell’iconografia locale è spesso presente a testimonianza della sua presenza endemica, affreschi tele e quadri del passato nonché in araldica.

Il Gelso, molto presente in passato essendo spesso utilizzato nelle “piantate”, i filari posti al limitare delle proprietà agricole. La scelta su questo albero era favorita dall’attività di allevamento dei bachi da seta che costituivano una forma di integrazione del magro bilancio familiare del contadino. Scomparsa questa lavorazione già prima della seconda guerra mondiale, il gelso è rimasto comunque in acetaia poiché con la sua porosità dovuta ai larghi cerchi primaverili, favorisce una veloce concentrazione del balsamico. Giallo intenso appena tagliato, si ossida con rapidità acquistando un colore rossastro scuro. Legno tenero e ben lavorabile.
Il Gelso, albero di medie dimensioni piantumato intensivamente nell’800 per il diffondersi dell’economia del baco da seta nelle nostre zone. Per arrotondare il magro bilancio domestico le donne di casa “andavano alla foglia” ossia si procuravano le foglie di quest’albero con le quali nutrivano negli appositi contenitori le preziose larve. Legno poroso dagli ampi cerchi primaverili, le foglie vagamente richiamanti la vite, sono facilmente attaccate da insetti e virosi.

Il Rovere, il legno da barile per eccellenza. La sua fibra compatta e duratura unita al suo bel colore nocciola costituiscono, assieme alla lunga durata e alla non invadenza degli aromi, i migliori e desiderabili requisiti per accogliere l’aceto balsamico più maturo. È in genere utile in qualsiasi posizione della batteria. Le barriques sono anch’esse in quercia.

La Quercia è da sempre considerato l’albero per eccellenza. Nella nostra zona anche la toponomastica, un esempio la località di Rovereto di Modena, rileva che un tempo dovevano esserci boschi estesi di questa essenza. Le varietà più frequenti sono la Farnia, sorta di quercia delle zone umide, albero maestoso può raggiungere i 30 metri d’altezza molto longevo, il Rovere detto robur per le sue qualità di resistenza, più esteso in collina, così come la Roverella che, a scapito del nome, raggiunge dimensioni anch’essa ragguardevoli.

Grazie a: Acetaia Giusti