Patrick Pistolesi: esperienze internazionali, ambassador di Jameson whisky e finalista alla Cocktail World 2012. Sei considerato uno dei Top World nel mondo della mixology, riuscendo a creare un vero e proprio show ad alta gradazione. Insomma, quando si parla della “Roma da bere”, sei certamente la persona giusta a cui rivolgersi.

Come è nata la passione per i cocktail?

La passione per i cocktail nasce da molto giovane: mia mamma è irlandese, mio papà italiano, quindi, entrambi mi hanno portato da una parte nella cucina italiana e dall’altra nei pub in Irlanda. In quest’ultimo caso poi, anche i miei cugini mi hanno portato a vivere l’esperienza del pub irlandese molto precocemente. Diciamo che la figura del bartender mi ha sempre affascinato: questa persona che chiamava sempre per nome tutti quanti, che si giostrava tra varie personalità, insomma il direttore d’orchestra della famosa ricreazione degli adulti. Vedere tutte quelle bottiglie dietro al bancone, per me era come arabo, poi con il tempo ho imparato a riconoscerle una per una. Il barman è quello che accoglie dalla porta ogni tipo di persona, senza fare distinzioni, in quello che è il luogo meno razzista sulla faccia della terra. Quindi la mia passione è nata immediatamente innamorandomi di questo luogo, poi ovviamente è cresciuta anche per bisogno. Sono stato  fortunato perché è stato uno dei primi lavori che ho svolto e ho fatto subito centro.

Miscelazione italiana: possiamo parlare di una cultura italiana anche in questo campo?

Assolutamente e totalmente. Allora, l’American Bar nasce in America, il regno dei cocktail l’hanno consacrato loro. Tuttavia, per come abbiamo lavorato anche nel passato qua in Italia, ci siamo da sempre destreggiati con gli alcolici. Nella miscelazione moderna non possiamo non pensare al mondo degli aperitivi italiani, famosi in tutto il pianeta e che ci rende leader totalmente del settore: nella nascita di tutti quelli che sono i bitter, nel mondo dei vermouth, o nei cocktail come l’Americano o lo Spritz che nasce durante la Prima Guerra Mondiale. Tutte queste influenze straniere trovano sfogo qua in Italia. Pensate allo spaghetto pomodoro e basilico, che è l’emblema dell’Italia, eppure di italiano (se guardiamo all’origine delle materie prime) non ha niente: lo spaghetto è cinese, il pomodoro è sudamericano e il basilico è tailandese. Tutto quello che arriva da noi trova terreno fertile. Quindi possiamo dire che l’Italia ha una grandissima tradizione nel campo enogastronomico, ma soprattutto ha la capacità di trasformare qualsiasi cosa in eccellenza.

Quali sono i tuoi cocktail italiani preferiti e che rappresentano al meglio il nostro bel paese?

Quello che ci rappresenta di più è proprio l’aperitivo, un momento totalmente italiano tra le 6 e le 8 di sera, proprio prima di cena. D’altronde aperitivo deriva proprio da “aperire” che vuol dire “prepararsi al pasto” e noi abbiamo le nostre bevande tradizionali che ci preparano per la cena. Un esempio calzante sono le bevande corroboranti, come il Vermouth che è un vino rinforzato con alcol e spezie e che nasce come una vera e propria cura. Gli amari stessi sono stati creati da chi conosceva bene le botaniche e la medicina. Premesso questo, possiamo dire che un Negroni all’estero, ovunque tu sia, lo puoi chiedere e trovare senza dubbio.

Mixology: storia, tradizione ma sicuramente anche un grande trend degli ultimi anni. Come capire quando si ha a che fare con un professionista?

Partiamo dal presupposto che il nostro è un lavoro di grandissimo sacrificio. Questo lo dico perché noi siamo gente che risponde costantemente a domande, mai affermazioni. “Posso avere…?”, “Dov’è il bagno?”, “Quanto costa?”, “Hai un carica batteria del telefono?”, chi più ne ha più ne metta. Siamo il centro informazioni di tutto ciò che succede dalle 8 di sera in poi. Ci vuole tanta pazienza, sono tante notti passate a dare retta alle persone e prendersi cura della ricreazione degli adulti. Anche la vita privata ne risente. Questo è un lavoro che si fa con amore e in cui deve esserci una grandissima passione, bisogna essere totalmente devoti a quello che è il nostro ruolo e che contribuisce a rendere unico un vero momento per gentlemen, quel momento magari a fine lavoro, in cui si cerca ristoro. Questo è importante. Confermato il fattore del sacrificio e della totale dedizione, è importante anche lo studio, perché è questo che ti permette di stare dietro ad un bancone e parlare di tutto, spaziare. Essenziale dunque è avere una predisposizione per la curiosità umana in tutti i gli ambiti. Quindi, cos’è un professionista? E’ colui che si accorge delle cose invisibili, cioè delle cose più semplici che ti sono di fronte agli occhi tutto il giorno. Un non professionista di solito si riempie la bocca di milioni di parole, fa voli pindarici, esibendo la propria cultura del bere. Ecco, questa è una conoscenza che deve esserci essendo parte del nostro lavoro, ma non bisogna sbatterla in faccia al cliente che magari si sente anche in imbarazzo: quello che desidera in quel momento è un momento di semplicità e non una lezione sulla miscelazione. Avere la discrezione e la capacità di anticipare i desideri del cliente, dai piccoli movimenti, è qualcosa che si può capire solo con l’esperienza. Un consiglio che vorrei dare ai barman giovani è quello di dire sempre e stare il più zitto possibile, per imparare a fare attenzione a ciò che si dice e ad aver a che fare con le abitudini delle persone. E’ molto importante riuscire a creare questo legame con il cliente, un qualcosa di molto molto raro, un rapporto di fiducia molto importante che si acquisisce soltanto con il tempo. Quindi all’inizio osservate molto, controllatevi nel dire troppo su voi stessi. E’ tutto un gioco di miscelazioni umane ed emozioni che riescono a mantenersi in equilibrio dalle 7 di sera fino a tarda notte.

Dove bere qua a Roma? Ci sono posti che consigli, nuovi o vere e proprie istituzioni della Roma da bere?

A Roma siamo pieni di ragazzi ricchi di talento e anche di grandi istituzioni. Negli anni ’60 siamo stati l’anima della Dolce Vita, quindi, partirò subito da alcuni luoghi che, secondo me, devono essere visitati, la mecca che raccoglie sia giovani bartender, ma anche quei luoghi simbolo in cui bisogna andare per essere coccolati: ad esempio il Bar Stravinskij all’interno dell’Hotel de Russie è un posto meraviglioso, una vecchia tenuta degli zar russi che poi è diventato centro Rai e ora un hotel alla cui guida ha avuto Massimo D’Addezio, un mio stimatissimo collega nonché maestro. Ricordo anche il Sofitel o l’hotel Locarno, ideali per rilassarsi con qualcosa di classico, dal sapore di altri tempi e prendersi un pò di tempo per sé stessi con un bel Martini, per sentirsi coccolati. Questo riguarda i bar d’albergo, ma poi ci sono tante categorie.

Per l’aperitivo consiglio lo street bar, come ad esempio Freni e Frizioni che, a mio parere, batte tutti quanti: è un bar che secondo me nasconde molto il suo talento, non è vanitoso, non si mette in competizione, riesce a prendere la massa, ma allo stesso tempo cela una grandissima preparazione e una ricerca smisurata, insieme alla grande professionalità dei ragazzi che miscelano.

Poi come non nominare i ragazzi dei Jerry Thomas? Possiamo dire che sono stati i promotori di questa cocktail Renaissance qui in Italia, che ci ha unito tutti, mettendo i barman sotto una stessa stella e creando un luogo di ritrovo dove potersi farse un drink, là dove è nato questo nuovo movimento. Dal Jerry possiamo saltare a piè pari al loro altro bar La Punta, un bar tema dove si mangia benissimo, un luogo adatto per trascorrere una serata esotica. Ovviamente ci sono tantissimi altri colleghi che vorrei citare, ma più o meno sono riuscito a mettere tutti i punti. Un altro speakeasy da citare è ARGOT con Gianluca Melfa, poi il Club Derrière con i grandi Davide Diaferia e Giampaolo Dipierro, un’alternativa valida al Jerry.

Progetti futuri?

Diciamo che continuerò a lavorare per Jameson, quest’importante azienda di Whiskey irlandese. Sono sempre stato fortunato a poter lavorare con aziende come la Hendrick’s Gin, la Schweppes, ecc.

Al momento sono arrivato al terzo anno con il progetto Propaganda, un progetto bellissimo che, però, credo concluderò a breve per aprire poi un mio locale. Non so bene quando, ma sicuramente nel 2018, anno in cui celebrerò anche 20 anni di carriera e desidero proprio coronarli così. Spendo volentieri due parole per il Propaganda: per me è stata la stazione Termini per quanto riguarda quei progetti in cui sono sempre stato chiamato e coinvolto per supportare la loro realizzazione. Ho fatto i salti di gioia quando Maurizio Bistocchi mi ha proposto di entrare nel team. E’ stata, ed è ancora, un’esperienza stupenda. Il futuro è ancora in una situazione embrionale, però diciamo che la direzione è quella appena anticipata. Il Propaganda rimarrà l’ultimo locale con cui concludo questa parte della mia carriera per poi iniziarne un’altra con un concept che sarà tutto mio e che ho maturato in tutti questi anni. Anche se ho sempre avuto carta bianca e libertà di espressione nel mio lavoro, questa sarà la mia prima vera creatura. Diciamo che questo è quello che bolle in pentola: una prossima apertura nel 2018.