Oggi parliamo con Dr. Mario Rubino, che dopo essere stato medico per 25 anni ha deciso di dedicarsi alla direzione di Kimbo, azienda leader del mondo caffè gestita da generazioni proprio dalla famiglia Rubino.
Conosciamo la grande passione di Mario Rubino per il Made in Italy, nata attraverso l’amore per uno dei prodotti simbolo del Made in Italy, l’Espresso.

1) Nove parole per presentarti.

Chirurgo di Pronto Soccorso convertitosi a dirigente della Kimbo

2)Qual è l’episodio che ha dato vita alla tua passione per il caffè?

Sicuramente ho vissuto tra mura domestiche che trasudavano caffè bevendo sin dalla adolescenza litri di questa scura bevanda, ma la passione vera, quella per il caffè, ha tardato ad arrivare. E’ stata dura prendere la decisione di lasciare la professione medica per dedicarmi alla direzione, con mia sorella ed i miei cugini, dell’azienda familiare, ma è arrivato il momento che anche io dessi il mio contributo, perché richiesto. Oggi sono molto soddisfatto della scelta fatta. Sono passato, però, dalla padella alla brace: ieri tanta fatica oggi… altrettanta, forse di più! Però l’esperienza pregressa mi è servita, e molto. La qualità di lavoratore dipendente, mi ha fatto e fa capire quotidianamente lo stato d’animo di tutti quelli che, da dipendenti, lavorano per noi. Non è facile, vi assicuro, avere un dirigente alle costole, soprattutto se molto esigente, perciò cerco di comprendere, quando è possibile, tutte le loro necessità e credo, nonostante sia abbastanza pignolo, di essere stimato e forse in taluni casi anche amato. Tutti sanno che mi considero uno di loro.

3) Qual è la ricetta o bevanda italiana che più ti rappresenta?

E’ la spremuta di limone in acqua di seltz con l’aggiunta di una punta di bicarbonato la bevanda che forse più mi rappresenta. Semplice, ma allo stesso tempo frizzante, allegra, esuberante ma, soprattutto “utile”.

4) I tre prodotti Made in Italy indispensabili per la tua cucina.

Non sono sicuramente solo tre, ma multipli di tre, i prodotti che utilizzo per cucinare, dipende molto dal mio stato d’animo. La cucina, intesa come cibo cucinato, rappresenta lo specchio delle mio stato emozionale, molto variabile, a volte piccante e saporita, ma altre volte leggera e delicata.

5) Chi cucina a casa tua?

Come in tantissime famiglie napoletane, fare da mangiare è una passione non solamente un modo per soddisfare l’appetito, una missione da svolgere tramandata da madre in figlia. Nel caso mio, non me ne voglia mia sorella, da madre in figlio. Infatti amo molto cucinare, inventare, utilizzando spesso gli inevitabili avanzi di frigorifero. Ma, quotidianamente, chi si preoccupa di cucinare é mia moglie con la quale, inoltre, mi diletto a condividere questa passione, preparando per i nostri ospiti, saporite e divertenti occasioni di assaggio.

6) Quando sei all’estero dove prendi il caffè?

Molto semplice, non prendo il caffè o per meglio dire non prendevo il caffè. Oramai un discreto espresso è possibile berlo un po’ ovunque. È ovvio che mi manca sempre il caffè della mia cara Napoli, ma mi accontento. Fino a qualche tempo fa nella mia valigi c’era sempre posto per una moka, un fornellino elettrico ed una lattina di caffè. Oggi le difficoltà di imbarco aeroportuali mi hanno fatto desistere. Ricordo ancora che il profumo sprigionato dalla macchinetta sul fornellino era un richiamo irresistibile per chiunque fosse nelle vicinanze. Molto spesso questi piacevoli momenti hanno dato vita a nuove e durature simpatie. Il prendere un caffè in compagnia, dunque, per me, ancor oggi, significa sancire un’amicizia o una condivisione e molto spesso, come è ovvio, mi tocca offrire.

7) Qual è, secondo te, il più grande luogo comune degli stranieri sulla cucina/cibo italiano?

Ritengo che gli stranieri pensino all’Italia come un unico “luogo comune” dove poter assaporare cibo sano e gustoso. Mi spiego: l’Italia è considerata da sempre e da tutti, o comunque dai più, la patria del food, probabilmente grazie all’enorme biodiversità territoriale e alla capacità innata degli italiani, di trasformare la materia prima. Mal sopporto però il voler stravolgere le ricette della tradizione regionale per assecondare le preferenze ed i gusti degli ospiti stranieri.

8)Relativamente al fenomeno “Italian Sounding”, quali potrebbero essere secondo te le soluzioni per combatterlo?

Se ci fosse una vera ed unica soluzione, avremmo risolto il problema. Come ho detto prima, il cibo italiano è riconosciuto “buono” nel mondo, pertanto, come è prevedibile e scontato, viene continuamente contraffatto ed imitato. Educare il consumatore è la nostra unica vera arma. Più si conosce l’originale cibo italiano, maggiore è la capacità di saper distinguere il vero dal falso; bisogna però continuare a fornire il mercato di prodotti di altissima qualità.

9) Tre parole per descrivere il cibo/bibite italiano all’estero.

Verde, bianco e rosso, i colori della bandiera italiana, ma anche basilico, mozzarella e pomodoro, rappresentazione della vera pizza napoletana.

10) Altro su l’importanza per te del cibo/vino/liquore “Made in Italy”.

Sembra ovvio e scontato dire che per me il caffè è la bevanda italiana più importante, mi ha permesso di affacciarmi alla vita con un pizzico di fortuna in più. Grazie papà!

11) Quali tra i premi ricevuti ti ha reso più orgoglioso?

Il mio premio da sempre? Essere nato in Italia.

Grazie alla nostra italian food Ambassador Francine Segan per questa meravigliosa intervista.