Nel poema Vita Mathildis, il monaco Donizone, biografo della Granduchessa Matilde, narra che nel 1046 l’imperatore di Germania Enrico III, in viaggio verso Roma per l’incoronazione, fece tappa a Piacenza.

Ospite di Bonifacio, padre di Matilde, chiese di degustare uno speciale aceto, un elisir balsamico che aveva udito farsi colà perfettissimo. Già nell’anno 1000 fama dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia DOP aveva valicato le Alpi.

La lavorazione di questo prodotto prevede quattro fasi: spillatura, filtraggio, cottura ed invecchiamento in botti di legno pregiato. Gli aceti più pregiati stagionano in ben 20 botti diverse, sempre più piccole, da quella da 100 litri fino alla botticella da 10.

Ogni qualità di legno dona al prodotto una nota particolare: il castagno per il colore bruno; il ciliegio per il sapore dolce; il gelso per la densità; il ginepro gli per le essenze resinose ed infine il rovere, il segreto del maestro.